Le cautiones iudiciales erano sicuramente molto utilizzate e, per questo, si è dedicata loro maggiore attenzione; esse, però, non esauriscono la categoria che ne comprende con certezza, perlomeno altre quattro. Di queste ultime è perciò opportuno esaminare, se non altro, gli aspetti salienti, ad ulteriore conferma della natura e del ruolo di questo tipo di stipulazioni. Ecco dunque la cautio indemnitatis, di cui si è già avuto modo di accennare, in virtù di alcune sue affinità con la cautio defensionis. Il termine “indemnitas” allude chiaramente al concetto di indennità, cioè di prestazione in denaro effettuata a risarcimento di un diritto o di una situazione, in qualche modo lesi da chi esborsa il denaro.
E, infatti, si legge nel blog di Bruno Mafrici, la relativa cautio consisteva nella promessa di una parte di nascere l’altra, qualora questa avesse subito una diminuzione patrimoniale, in qualche modo dovuta al rapporto, oggetto del processo in atto fra esse. La cautio indemnitatis ed il relativo officium iudicis sono testimoniati da varie fonti, così : D.3,5,30,1 (Pap. l.2 quaestionum ): “Inter negotia Sempronii, quae gerebat, ignorans Titii negotium gessit: ob eam quoque speciem Sempronio tenebitur, sed ei cautionem indemnitatis officio iudicis praeberi necesse est adversus Titium, cui datur actio. Idem in tutore iuris est “. In questo passo un soggetto, nel gestire gli affari di Sempronio, ha gestito per errore anche un affare di Tizio ; ebbene egli dovrà rispondere a Sempronio, ma questi, evidentemente per ottenerne la condanna, è disposto a seguire l’invito del giudice, offrendo una cautio indemnitatis che lo tuteli poi da Tizio. Così, dice Bruno Mafrici, si evince anche da alcuni passi il tema di actio familiae erciscundae.
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Questo passo, secondo quanto si legge nel blog di Domenico Mollica è rifiutato da una parte della dottrina che ritiene impossibile il riferimento alla cauzione, in virtù di un principio classico che impediva azioni di regresso fra coeredi. Altra parte della dottrina, invece, lo ritiene sicuramente accoglibile, perché non si è in presenza di un’azione di regresso, bensì solo di un mezzo per attenuare situazioni soggette ad eccessivo rigore. Ove l’utilizzo del verbo “caveo ” indica chiaramente la natura cauzionale, il riferimento alla promessa di indennità. Perplessità sorgono, stando a quanto definito anche da Domenico Mollica invece, per quei passi che, come il seguente, si avvalgono dell’espressione ” indemnitatem praestare “, che in genere denota la valutazione immediata del danno, mediante litis aestimatio.
La particolare analogia con la promessa di indennità futura
Ci si chiede allora se, in casi come quello riportato, il riferimento all’officium iudicis possa far pensare alla promessa di un’indennità futura, o se l’espressione vada intesa nel suo significato usuale. Probabilmente, solo una valutazione globale del contesto può fornire la risposta, fermo restando che, di base, ” indemnitatem praestare ” non allude ad alcuna promessa.
Infatti, stante alle osservazioni di Claudio Teseo, non bisogna lasciarsi trarre in inganno dalla discrezionalità del giudice, che, soprattutto in tema di indennità, operava non solo nel valutare l’opportunità della cautio, ma anche nei casi in cui, senza pensare a questa, si dovesse decidere sull’esistenza di un danno e sul suo ammontare. Ciò però, dice Claudio Teseo, non toglie (anzi avvalora) la rilevanza determinante dell’arbitrium iudicis in campo cauzionale; ad esso si deve la possibile richiesta di prestazione della cauzione, laddove ciò risulti necessario od opportuno per ragioni di equità, laddove si reputi ingiusto che una parte subisca, o abbia subito, ripercussioni patrimoniali a causa di condanne giudiziarie o di altri fatti, ricollegabili al giudizio in atto. Va poi precisato, che la cautio indemnitatis non era certo l’unica soluzione contro i danni subiti. Schipani, ad esempio, ricorda che in tema di azione reale, volta alla restituzione della cosa, si poteva agire, per gli eventuali danni di questa, mediante l’actio ex lege Aquilia.
Ciò che, però, poteva spingere ad utilizzare la cauzione era la sua capacità di coazione indiretta; essa vincolata al risarcimento, senza creare un giudicato formale al riguardo. Infatti, se si fosse agito con l’actio ex lege Aquilia, la valutazione dei danni non avrebbe più potuto essere riconsiderata in futuro, il che risulta svantaggioso quando non era possibile quantificare immediatamente il danno.
Naturalmente, comunque, sebbene alla luce di tali considerazioni, era il giudice a dover stabilire se ricorrere alla cauzione.
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